Il palazzo, che sorge al centro del borgo, fu costruito nel secolo XVI interamente in masselli squadrati di travertino ed è attualmente in ristrutturazione.
Esso fu voluto certamente da un ricco artigiano che fece scolpire sull’architrave della sua bottega, quasi come un simbolo araldico, i simboli del suo lavoro: un incudine ed un martello.
Il bassorilievo assume quindi anche la funzione di insegna.
Il monumentale portone principale era arricchito da un affresco sulla lunetta, oggi quasi completamente perso, che rappresenta la Madonna nell’atto di pregare. A sinistra il solito incavo nella pietra per contenere il lume: l’illuminazione pubblica dell’epoca!
Sull’architrave di generose dimensioni è scolpita una iscrizione bene-augurante della formica e della tartaruga (M.2.1):
STET DOMUS NEC DONEC FLVCTVS FORMICA MARINOS EBIBAT ET TOTVM TESTUDO P(ER)AMBVLET ORBEM
Sii salda casa, finché la formica non beva (tutte) le onde del mare e la testuggine (non) percorra tutta intera la terra.
La frase si leggeva nel grande palazzo del Pontelli che Domenico Rovere fece erigere a Roma nel Rione Borgo (cfr. FABIANI, Ascoli nel cinquecento vol I, 1957, pag. 38) ma anche nel castello di FENIS (Valle d’Aosta, cfr. Giocosa, Castelli Valdostani e Canavesani, Milano, 1925 p.104).
Sull’architrave di una finestra si legge la data 1546 e su un’altra: SI PATIENS S(I) SAPIENS – 1549 che vuol dire: se sarai paziente allora sarai sapiente (nel senso che saprai…).
Altre finestre e architravi di porte recano iscrizioni parzialmente leggibili (M.3.1), o di difficile interpretazione (M.10.1; M11.1; M.12.1) che lasciamo alla ricerca degli studiosi.